Gourmet, cucina stellata

Le stelle Michelin in Sicilia non si fanno attendere. Sparsi per il territorio troverete anche loro. Magari non dietro l’angolo, ma gli chef stellati ci sono e sono anche numerosi. Fatevi inebriare dalle loro creazioni e trasportare dall’estasi delle loro proposte. La cucina stellata è un viaggio nel viaggio.

Prezzi permettendo una visita in Sicilia, può valere anche un viaggio verso una meta che non appagherà le vostre membra, ma il vostro gusto sì. La Sicilia è da anni luogo in cui gli chef stellati si contendono il podio e il numero di stelle.

I menu degustazione della cucina stellata non saranno alla portata di tutti, ma un regalo così una volta nella vita lo si dovrebbe anche fare.

Per i più pigri in termini di distanza dalla provincia di Messina, c’è un posto che solo per la location merita una visita. Si tratta del ristorante Il Cappero in località Vulcanello a Lipari. Il ristorante è all’interno di uno splendido resort con terrazza sul mare e vista sui faraglioni di Lipari. La cucina è creativa, estrosa, artistica, gioca con i colori, ma racchiude i sapori del territorio e i gusti mediterranei.

“Gli antipasti di pesce delicati, i primi che solleticano il palato, l’intenso equilibrio di sapori dei secondi e, per finire, il ritrovato fascino dei tradizionali dessert siciliani: un ricco menù accompagnato da una selezione di vini che si sposano perfettamente alle pietanze.”

Escursioni organizzate alle isole | Casa Spisidda

A poche miglia di mare, sempre nel contesto delle Isole Eolie a Salina troviamo il Signum, guidato da Martina Caruso, chef-patron più giovane stellata Michelin d’Italia e Chef Donna Michelin 2019. La sua cucina affonda le radici nella tradizione siciliana e nelle sue eccellenze locali. Costellata degli aromi dell’isola, regala intensi sapori difficili da dimenticare.

Per coloro che soffrono il mare e preferiscono arrivare in macchina piuttosto che in barca, una gita in un’altra località siciliana vede ben due location a Taormina.

Otto Geleng è il primo, si trova all’interno dell’Hotel Timeo di Taormina. La sua terrazza gode del panorama intorno un po’ retrò con vista sulla baia di Naxos. Anche qui la tradizione culinaria è servita, piatti semplici rivisitati, sempre mantenendo la freschezza e l’originalità dei prodotti locali.

Il secondo è St. George di Heinz Beck fiore all’occhiello del The Ashbee Hotel, vede la firma in cucina di Heinz Beck chef tedesco pluristellato. L’ambiente raffinato ed esclusivo strizza l’occhio alla clientela internazionale, ma nel menu offre una cucina che alterna il pescato locale alle rivisitazioni delle ricette tradizionali. 

Se volete spostarvi verso Palermo, a Terrasini, lo chef Giuseppe Costa al Bavaglino spazia dalla cucina siciliana alle contaminazioni spagnole o greche. Prezzi anche più abbordabili dei precedenti, ma stiamo parlando sempre dell’eccellenza.

Infine, se i chilometri non vi spaventano, Ragusa è la patria indiscussa degli chef stellati.

All’interno del Palazzo La Rocca, dove è stato girato il film Divorzio all’italiana con Marcello Mastroianni, potete trovare il Ristorante Duomo patria di Ciccio Sultano, uno degli chef più noti e amati della Sicilia.

“Dare vita a un piatto è come improvvisare nel jazz: puoi rifarlo mille volte e ogni volta è diverso, perché rispecchia sempre le emozioni di quel momento.”

Il suo ristorante è al centro di Ragusa Ibla, solo il centro storico merita una visita. Tanto pesce ma anche le prelibatezze di terra, da provare.

Infine ultima segnalazione per chi resta in zona a Ragusa ed ama la cucina stellata, in provincia a Modica, c’è un ristorante, un posto che esteticamente è semplice, ma è il regno di Accursio Craparo. Il ristorante si chiama Accursio Ristorante, nel centro di Modica, patria del cioccolato, porta avanti una cucina scenografica fatta di terra e di mare, di Sicilia eccentrica e di sapori forti.

Se volete sapere qualcosa in più sulla cucina siciliana e i suoi vini visitate le nostre pagine ad esse dedicate.

Dolci, tentazioni irresistibili

Pignolata, Zuccarati, Sospiri di Monaca, Lulù messinesi o Viennesi, Nzuddi o Ciambelline solo per citarne alcuni, ma anche i dolci più classici della tradizione siciliana come cassate, cannoli e granite. Tutto quello che serve a mettere a repentaglio la vostra linea per essere felici degustando i dolci siciliani.

Chi non sarebbe disposto a mettere a rischio la propria linea per assaggiare almeno una di queste meraviglie della pasticceria messinese?

Pignolata, forse il dolce più tipico, una montagna di pigne ricoperte di glassa al limone e cioccolato. Il dolce di per se è tipico del periodo di carnevale, ma viene prodotto tutto l’anno, è fatto da delle pignette (da cui deriva il nome) fritte nello strutto, su cui poi viene riversata una glassa bi-colore fatta con due ingredienti, il cioccolato e il limone. Da provare in qualche pasticceria.

Per passare a qualcosa di meno dolce ma altrettanto tipico tra i dolci siciliani bisogna passare per gli Zuccarati, ovvero dei grossi grissini zuccherati ricoperti di sesamo. Anche qui lo strutto non manca nella preparazione, la consistenza è come quella di un pane morbido. In alcuni bar vengono serviti insieme alla granita. Sono deliziosi anche inzuppati nel latte o mangiati da soli, ogni qualvolta si voglia fare una piccolo break.

Suggestivi nel nome, ma anche di fatto i Sospiri di Monaca sono un altro dolce tipico della provincia di Messina. Si presentano come dei sandwich soffici la cui pasta ricorda quella dei savoiardi, farciti di ricotta di pecora e decorati con lo zucchero a velo e i canditi. A volte con una ciliegina candita, a volte con una scorza di arancia sempre candita, si mostrano puri, bianchi, golosi e carichi di ricotta. La tentazione di mangiarne due è solo fermarsi in tempo, ma dipende, in questo caso prediligete la versione mignon, perché quella normale è davvero super.

Lulù messinesi o Viennesi, perfetti da passeggio o per una colazione da campioni. Si tratta di un dolce dalla forma irregolare con una pasta choux (pasta bigné). La versione tradizionale autentica è con il ripieno di panna, ma ci sono varianti anche con la crema pasticciera o quella al gianduia.

‘Nzuddi o Ciambelline , derivano il loro nome dialettale dall’abbreviazione del nome Vincenzo. Hanno origini catanesi, ma sono diffusi anche nella vicina provincia di Messina. Si tratta di biscotti mandorlati aromatizzati all’arancia e cannella. Dalla consistenza un po’ gommosa, vennero ideati dalle suore vincenziane di Catania, dove si preparano in occasione della Festa dei Morti il 2 novembre. A Messina, vengono anche prodotti, durante la festa patronale della Madonna della Lettera.

Se poi stiamo sul classico non possono mancare tra i dolci siciliani le meraviglie come i cannoli e le granite.

Ripieni di ricotta, il ripieno tradizionale consiste di ricotta di pecora setacciata e zuccherata, al ripieno dei cannoli vengono poi aggiunte la frutta candita nella zona di Palermo, oppure le gocce di cioccolata in quella di Messina. Al dolce sul finale viene spolverato sopra lo zucchero a velo. Ma attenzione, vanno farciti al momento, altrimenti che cannoli sono?

La granita è un dolce freddo al cucchiamo, spesso confuso con il sorbetto. E’ tipico della colazione siciliana. Si differenzia per la consistenza più granulosa da cui prende il nome e dalla cremosità allo stesso tempo.

Viene servita in bicchieri di vetro trasparenti. Nella tradizione si accompagnava al pane fresco, che nel tempo è stato sostituito dalla brioscia siciliana. L’impasto è realizzato con pasta lievitata all’uovo la cui forma è semisferica sormontata da una pallina chiamata tuppu o coppola o anche naso. Tipica delle zone costiere, viene servita a colazione in estate.

Se vuoi sapere come abbinare i dolci siciliani con i vini passiti locali, visita la nostra sezione dedicata ai vini.

Il vino nettare degli Dei

Malvasia delle Lipari, Mamertino bianco, rosso, riserva, Grillo e Ansonica. Le Doc del territorio vi lasceranno senza parole. Perfetti come abbinamento con il pesce e i dolci, sono l’accostamento ideale per la cucina tipica locale.

Vino dorato dai riflessi ambrati, al gusto dolce ricorda delicatamente un sapore quasi mielato, è la malvasia. In passato per questo fu denominata il “nettare degli dei”.

Il vitigno malvasia venne impiantato dai Greci nel 588 a.C. quando i primi colonizzatori videro nell’isola di Salina il luogo ideale. Grazie ai suoi terreni vulcanici posti sopra il livello del mare a circa 300 metri e grazie alle caratteristiche pedoclimatiche del luogo: arieggiato, soleggiato e con leggere brezze, è l’ambiente perfetto per la sua crescita.

I principali acquirenti del prodotto furono gli inglesi che cercavano di arrestare l’avanzata Napoleonica dei francesi. Tra un tiro di moschetto e l’altro, predilessero il passito Eoliano collocandolo sulle tavole degli ufficiali britannici come pregevole vino da dessert. Il vino riconosciuto nella sua delicata dolcezza, venne esportato a lungo dal mediterraneo all’isola, ma l’avvento europeo della fillossera distrusse gran parte dei vitigni, mettendo fine alla sua commercializzazione. Il periodo di stasi durò sino alla metà del secolo scorso quando ne venne ripresa la produzione ottenendo nel 1973 il riconoscimento D.O.C.

La provincia di Messina vanta un numero rilevante di denominazioni di origine D.O.C. dedicate al vino, non solo vini dolci. Faro Doc, Malvasia delle Lipari Doc, Mamertino di Milazzo o Mamertino Doc, Salina Igt, Sicilia Doc, Terre Siciliane Igt sono le Doc prodotte nella provincia.

Nello specifico il Mamertino lo troviamo in varie varianti: Mamertino Nero d’Avola Doc un vino dal colore rosso rubino intenso, un vino robusto, con al naso sentori di catrame, cioccolato, liquirizia, mora, nocciola, tabacco. E’ un vino ampio, aromatico nelle sue note olfattive e dal retrogusto persistente.

Oppure il Mamertino Bianco Doc vino bianco dal colore giallo paglierino, con sentori che ricordano note olfattive di ananas, miele e certamente fruttato con richiami alla pesca bianca. Perfetto per gli antipasti di frutti di mare.

E poi lui il Malvasia delle Lipari Doc, prodotto principalmente a Salina e a Stromboli. Come tutti i passiti, le uve vengono raccolte tardive perché maturino sulla pianta e concentrino lo stato zuccherino nell’acino. Raccolte vengono poi lasciate appassire ulteriormente sui graticci per altri quindici giorni. Il risultato è un “nettare” dal colore giallo dorato intenso tendente all’ambrato. I suoi profumi sono intensi e complessi, variano da una complessità salmastra a sentori di erbe aromatiche, frutta secca come albicocche, fichi e frutta in confettura o candita. Il gusto è dolce, morbido. Perfetto in accompagnamento alla pasticceria siciliana, ma anche così liscio da meditazione. Nella versione liquoroso, siamo sui 20° di titolo alcolometrico, mantiene all’olfatto un profumo intenso, aromatico e caratteristico.

Il Faro doc, è prodotto con i vitigni della zona nerello mascalese, nerello cappuccio. Anche lui ha origini antiche il colore rosso è rubino. Meno complesso, regala classici profumi di uva matura (rossa ovviamente) e talvolta note anche di frutta in confettura, esito della fermentazione. Ha tannini morbidi e al palato vellutati. Più leggero, è un vino a tutto pasto, preferito anche come aperitivo con i salumi della zona.

Infine Grillo e Ansonica, non sono esattamente autoctoni nella provincia, ma non possiamo non citarli perché fanno parte della cultura enologica siciliana.

Il grillo è un vitigno a bacca bianca che presenta acini medio grandi di colore giallo e sferici. I primi impianti, venivano cresciuti ad alberello, privi di sostegno, oggi è più diffusa la variante a spalliera, ma sempre bassa.

Non tutti i terreni si prestano bene alla sua crescita, ecco perché il suo terroir ideale è più la Sicilia occidentale il trapanese, nella zona di Marsala. La sua particolarità è di avere un grado zuccherino elevato, questo non significa che è un vino dolce, ma solo che il suo residuo zuccherino è elevato e genera nella fermentazione con i lieviti, particolari proprietà organolettiche dal titolo alcolometrico elevato che permettono anche anni di invecchiamento. Dal Grillo si produce un vino che non è sicuramente indifferente. La bravura dei produttori locali ne crea diverse varietà da sperimentare. Talvolta può arrivare anche a 15 gradi. E sempre dallo stesso grillo si produce il Marsala oro e ambra insieme o singolarmente ai vitigni di Catarratto, Inzolia, Damaschino.

Infine l’Ansonica, un vitigno a bacca bianca italiano, conosciuto anche con i nomi di Inzolia in Sicilia, nzoglia in Calabria o Insolia nel resto d’Italia. Anch’esso è uno dei più antichi, autoctono in Sicilia, si è poi diffuso in Sardegna, Lazio e Toscana. E’ un vitigno che resiste ai climi secchi e necessita di poca acqua. Anche lui presente in varie aree della Sicilia, da origine a vini come il Salaparuta, l’Alcamo ansonica, o l’Erice ansonica.

Per scoprire i piatti della cucina siciliana visita le prelibatezze della cucina messinese.

La cucina messinese

La cucina messinese è la più antica della Sicilia e risente dell’influenza greca.  Si basa su piatti a base di pesce e frutti di mare, su dolci a base di ricotta, mandorla e canditi e sull’arte della gelateria, particolarmente famose le granite.

Ma vediamo nel dettaglio in cosa consiste e quali sono se sue caratteristiche.

Le origini sono greche, ma la sapiente rivisitazione la rende unica e diversa. Banalmente l’olio di oliva è alla base di molti piatti come in Grecia anche se diverse sono le olive. Qui si coltivano le varietà di Ogliarola Messinese, più conosciuta anche con i sinonimi di Messinese, Terminese, Raffu e Castrense. Questa varietà viene abitualmente consumata a tavola anche se è più nota per la produzione di Olio Extravergine di oliva di Sicilia. Si produce anche la Minuta Cultivar totalmente assente nel resto della Sicilia invece abbondante negli uliveti dei Nebrodi.

Sempre nella zona dei Nebrodi ci addentriamo per conoscere le sue specialità contadine. Tra le più rinomate il Salame Sant’Angelo di Brolo, il Suino Nero e la Provola.

Il Suino Nero è un maiale di taglia minuta, ricoperto da un pelo nero. Assomiglia di aspetto al cinghiale, vive nei boschi dei Nebrodi e viene allevato in uno stato semi brado. Le sue carni sono selvatiche, vengono consumate fresche o sotto forma di salami, prosciutti, capocolli e pancetta. Da non perdere per gli amanti del prodotto le sagre che si tengono nei comuni di Cesarò, Maniace e Longi.

Nella cucina messinese anche la l’aspetto caseario è di forte interesse, il gustoso pecorino, la provola, la delicata ricotta e tante altre specialità da non perdere lo rendono indimenticabile.

Man mano che ci si avvicina allo stretto di Messina, si percepisce l’influenza calabrese e molti piatti si ripetono, come il pesce spada alla ghiotta o l’insalata di stocco.

Grandi protagonisti indiscussi della cucina della provincia di Messina sono il pesce e i frutti di mare, freschi appena pescati, crudi o cotti. Il pesce spada già conosciuto ai tempi di Archestrato di Gela, padre della critica culinaria rimane il favorito. Piatto tipico della zona è “Il pesce spada alla ghiotta” citato prima anche come piatto calabrese, viene cucinato con pomodoro, cipolla, capperi, sedano e olive. Oppure le “braciole” le troviamo di pesce spada ma anche di carne. Quelle di pesce spada vengono cotte semplicemente sulla brace e poi condite con il condita con il “sammarigghiu”, un battuto di olio, limone, sale, prezzolo e origano.

Tra i primi piatti tipici di Messina, troviamo la “pasta ncaciata” una pasta al forno con melanzane e caciocavallo, piatto della tradizione. Il piatto è diffuso in tutto il territorio messinese ma soprattutto nella località di Mistretta, dove è citato come pietanza tipica. Non è altro che una variante più comune del Timballo con i maccheroni fatto con ragù, polpette, uova sode, salame, caciocavallo, melanzane fritte e piselli.

Passando alla carne prime tra tutte le “braciolette” di agnello detti anche spiedini alla messinese. Hanno origini antiche ed erano un piatto povero, usato per consumare il pane raffermo e per raddoppiare il quantitativo di carne a disposizione, tagliata sottilmente e ben farcita sembrava di più, e riusciva a saziare più persone.

Per i dolci dobbiamo dire che gioca un ruolo fondamentale l’influenza araba, anche se rispetto al medio oriente, la dolcezza di alcuni prodotti è meno stucchevole.

Il dolce più famoso è la “pignolata” tipico dolce della tradizione. Si presenta come un mucchietto di pigne di varie dimensioni ricoperte da una glassa al limone di colore bianco e da una scura al cioccolato, predominano l’odore del cedro e del cioccolato vanigliato.

Per avere più info visita la nostra pagina dedicata ai dolci della cucina messinese.